studio

una trasformazione importante

se per studio si intende assenza di esperienza diretta all''apprendimento: "st-udio"..."senza udio" ...questo non è uno studio

Se si legge la simbiosi come la condizione per cui un’ entità possa esistere solo a condizione dell’esistenza di un’altra essenza si concorderà, seppur in senso ristretto, che dal punto di vista che si sta analizzando, natura ed artefatti si trovano in una relazione simbiotica dal momento in cui le antropizzazioni sono fatti fisici imprescindibili dalla natura in quanto caratterizzati principalmente dall’opporsi ad essa. Con la differenza che mentre la natura si può immaginare senza la presenza di antropizzazioni, il contrario è difficilmente concepibile. Sulla natura si è detto, scritto e, soprattutto, pensato molto a livello filosofico, scientifico e letterario; in proporzione ad essa sugli artefatti la riflessione teorica, nel suo complesso, è stata decisamente inferiore soprattutto dal punto di vista filosofico, nonostante essi permeino, ora più che mai, la nostra vita. Proseguendo verso la direzione che a me interessa, sulle antropizzazioni si è detto ancora meno, riservando la trattazione di queste ultime a studi di settore come: l’Arte, l’Urbanistica, l’Architettura del paesaggio e l’Architettura.

Il tentativo che qui propongo è di destinare anche a questa particolare ed innata facoltà umana un interesse teoretico proprio della filosofia, al fine di indagarne i caratteri essenziali e le peculiarità stesse delle antropizzazioni, non ultimo il valore comunicativo, il quale spicca per importanza in aggiunta alle caratteristiche formali, materiali, prestazionali ecc. Di seguito presenterò una visione personale del concetto delle antropizzazioni che non ha certo la pretesa di essere esaustiva, ma non per questo meno significativa se si circoscrive la sua possibile trattazione al valore comunicativo ed al linguaggio che le sostanzia. A mio avviso l’importanza primaria delle antropizzazioni è data proprio dal fatto che, al pari della natura, esse costituiscono per gli esseri umani, e non solo, i punti di riferimento topici. L’incidenza sulla vita umana di questi ultimi è determinante in quanto stabilisce le condizioni di possibilità di movimento ed orientamento e, quindi, costituisce i vincoli entro i quali potersi muovere nello spazio. Come si intuisce l’aspetto della mobilità è importantissimo in quanto determina la possibilità stessa delle esperienze umane. Nel senso che queste ultime, quando hanno come contenuto oggetti fisici del mondo, percepiti sensorialmente8, questi ultimi devono rientrare necessariamente all’interno del campo percettivo. Come è noto i nostri limiti sensoriali fanno si che determinate esperienze che li coinvolgono siano possibili solo in porzioni di spazio accessibili ai sensi, tanto che solo nello spazio e nel tempo si possono avere esperienze sensoriali.

Di primaria importanza, pertanto, diventa il fatto che le antropizzazioni, nel loro dislocarsi nello spazio, vincolano la possibilità umana di occupare fisicamente le stesse porzioni spazio-temporali già occupate dai loro corpi estesi. Quindi pur sembrando ovvio esse tolgono la possibilità di compiere molte esperienze di origine sensoriale. Per contro alcuni artefatti antropizzanti offrono opportunità esperenziali notevoli, prima su tutte quella di essere categorizzati dall’intelletto per le loro forme (esprimendo giudizi su di esse), in secondo luogo essere utilizzati (come riparo) ed inoltre offrendo opportunità impensabili fino a qualche secolo fa, come ad esempio la possibilità di occupare una porzione di spazio stando sulla terrazza di un grattacielo o su una piattaforma petrolifera in mare, ecc.. Il fatto stesso di essere riferimento topico, per un artefatto implica necessariamente la sua riconoscibilità e rappresentabilità, in virtù delle proprie caratteristiche fisiche di “estensione”. Esse, in quanto tali, devono essere costituite da materia modellata in forma e soprattutto se ne deve leggere, o intuire, la matrice umana.

Come si è appena detto il carattere di estensione implica una determinata relazione con lo spazio e col tempo, ma per le antropizzazioni questi due aspetti devono soddisfare specifiche caratteristiche:

• di permanenza temporale nella medesima regione spaziale • di estensione, relativa alla fisicità umana

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8. John R. Searle, La mente, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2005, cap.6. l’intenzionalità.

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Queste sono riscontrabili in un edificio, una città, una strada ecc.. Si noterà che solo alcuni artefatti rispettano determinati requisiti di permanenza ed estensione tali da poter essere definiti antropizzazioni, gli altri qui verranno ritenuti oggetti.

Mentre l’aspetto della permanenza spazio-temporale delle antropizzazioni è abbastanza semplice da individuare a seconda del contesto considerato e della tipologia dell’ artefatto (decenni, secoli ed, in alcuni casi, millenni), lo stesso non capita per la misura, che come vedremo, rende le cose più complicate. Nel senso che esse sono da mettere in relazione innanzitutto alle misure estensive del corpo umano e, conseguentemente, a quelle dagli aspetti dimensionali del contesto che le accoglie, sia esso naturale che antropizzato.

In base a queste considerazioni propongo di seguito una sorta di definizione per come saranno intese in questo contesto le antropizzazioni: artefatti aventi determinate caratteristiche dimensionali e di permanenza spazio-temporale.

Considerando gli esempi sopra citati (edificio, città, strada) si può vedere che pur trattandosi palesemente di antropizzazioni essi hanno caratteristiche diverse, la più evidente delle quali è il fatto che la città contiene edifici e strade, ma non viceversa. Ciò fa emergere un terzo aspetto non meno importante dei due precedenti: quello inerente la questione mereologica della relazione tra le parti ed il tutto, che sarà oggetto di un studio approfondito successivamente.

Nel caso delle antropizzazioni si tratta di una sorta di doppia articolazione simile a quella indagata dalla linguistica generale. Anche qui si può notare che gli artefatti antropizzanti presentano una sorta di doppio ordine compositivo dato in primo luogo dal loro valore all’interno del contesto di appartenenza, secondariamente dal valore compositivo riferito agli elementi di cui si sostanzia.

Questo è evidente nel caso della città: essa può considerarsi pienamente un’antropizzazione a sua volta determinata da altre antropizzazioni quali edifici, strade, ecc.. Questi ultimi a loro volta hanno anch’essi parti che li compongono le quali, però, non possono essere considerate artefatti antropizzanti, bensì oggetti, quali : finestre, tetti, porte ecc. Per chiarire il carattere di queste ed altre distinzioni uno dei primi aspetti che dovranno essere affrontati è quello legato alla classificazione delle antropizzazioni. Determinante risulta comunque la definizione dei criteri di permanenza spazio-temporale e dimensione, che a mio avviso rappresenta una delle priorità di questo lavoro.