Le categorie, concetti, universali etc, se intesi come strumenti per raggiungere dei fini (descrittivi o operativi) costituiscono un elemento fondamentale per qualsiasi disciplina.
Il concetto stesso di disciplina è una categoria e, a ben vedere, lo stesso concetto di categoria è, a sua volta, l’”insieme di se stesso”.
In un certo senso l’essere umano è tale perché istintivamente utilizza le categorie per la propria sopravvivenza o, meglio, non ne può fare a meno. Si può affermare che a causa della facoltà di discretezza, il genere umano deve “raccogliere” in gruppi omogenei le particolarità.
Le particolarità sono, a loro volta, dei contenuti, ovvero dei “tenuti insieme” tanto da mettere sullo stesso piano particolarità e generalità in quanto trattasi di contenitori, in entrambi i casi.
Ciò che li differenzia è che i “contenitori” delle particolarità sono percepibili sensorialmente: le cose, le antropizzazioni, gli elementi naturali, le categorie, invece, sono percepibili dalla mente.
Gli oggetti sono tenuti insieme spontaneamente e necessariamente dai sensi; le categorie sono tenute insieme spontaneamente e necessariamente dalla mente.
A tenere insieme gli oggetti fisici è il sistema neurobiologico umano, o facoltà di discretezza; a tenere insieme le categorie sono le stesse categorie della mente; la mente, anzi, nel secondo caso si può dire che la mente è tale proprio perché si struttura per categorie.
L’impercettibilità accomuna entrambe le modalità di tenere insieme, cioè elementi minimi non ancora oggetti (fisici e mentali) per mezzo di facoltà di discretezza, per le fisicità e facoltà di categorizzare per i pensieri diventano, appunto oggetti.
Il criterio con il quale vengono ad essere tenuti insieme gli oggetti (fisici e mentali) lo stabilisce individualmente ogni singolo essere umano all’interno dei vissuti soggettivi e contingenti della propria esistenza. Anzi l’esistenza va intesa come la consapevolezza di questo continuo ed irrinunciabile montaggio e smontaggio di elementi minimi.
Questa lettura è talmente sensata da riuscire a giustificare il motivo per cui un fatto unitario come il linguaggio naturale sia stato ridotto a fonemi.
Elementi minimi impercettibili si uniscono in due modi: per necessità e per possibilità.
Come ebbe a dire Edmund Husserl esistono delle strade preferenziali per cui vengono a formarsi dei contenuti, ci sono forze che agiscono spontaneamente (naturalmente) e forze che agiscono per mezzo umano.
Gli oggetti (fisici e mentali) che si formano, e vengono formati, si presentano come un involucro la cui forma è data da ciò che contengono , in un certo senso forma e contenuto sono in simbiosi.
Per ultimo va detto che per ciò che riguarda le strutture della “necessità” i modi sono dati secondo “finalità senza scopo”, cioè naturali; per le strutture di “assemblaggio” connesse alla possibilità, invece, queste si attuano teleologicamente secondo un progetto ( consapevole o inconsapevole).
Si può affermare, pertanto, che esistono strutture di necessità naturali, strutture di possibilità umane che, a loro volta, si dividono in necessarie e possibili.
Le strutture di necessità (naturali ed umane), in quanto tali, sono vincolanti, tanto da aver indotto la scienza, a partire dalla filosofia, a tentare di modificare questa condizione per condurla su un piano di possibilità della natura. A ben vedere si cerca di conoscere le leggi naturali per trasformare in norme modificabili ed utilizzabili per attuare i fini umani.
La psicologia tenta di compiere la stessa operazione al fine di condurre le leggi del pensiero a norme da utilizzare e ?????? anche queste sullo stesso piano delle possibilità.
La conoscenza, in una simile lettura, è uno strumento per tentare di trasformare le necessità in possibilità. Tutto ciò presuppone, ovviamente, la distinzione tra necessario e possibile che, tradotto in termini religiosi, tra divina provvidenza e libero arbitrio.
Conviene pensare che necessità e possibilità siano distinte, altrimenti l’esistenza umana stessa perderebbe di senso, sempre ammesso che ne abbia almeno uno.
Tornando all’Architettura anche in questo caso valgono le stesse considerazioni: necessità naturali, possibilità umane, necessità umane.
Ultimo punto è che, quindi, data la volontà umana di modificare teleologicamente gli oggetti (fisici e mentali) questi cambiano le forme in funzione dei fini.