Non è semplice parlare di teoria in un contesto fortemente pragmatico come quello dell’Architettura contemporanea, dove intorno alle modifiche ambientali gli interessi individuali vengono prima di quelli comuni.
Architetti, amministratori pubblici, impresari, e molte altre categorie che gravitano intorno al “mondo” delle costruzioni intendono il loro ruolo come l’opportunità di un’affermazione personale quando non si tratta di un “lavoro” come un’altro.
Costruire il mondo significa innanzitutto contribuire a costruire il genere umano, l’Architettura in primis rappresenta il contributo più significativo a tale costruzione.
Non sono le potenze finanziarie e nemmeno gli imperi bancari a rimanere per secoli a “condizionare” lo spirito umano, tantomeno le tendenze politiche, fondate o meno, a rappresentare concretamente i condizionamenti umani.
Lo sanno talmente bene i vari “burattinai” che stanno tentando di trasporre la loro precarietà anche in ambito Architettonico, con edifici usa e getta, o da utilizzare come specchietto per le allodole servendosi dei soliti architetti (la a minuscola è voluta) di “regime”…finanziario ovviamente…
Parlare di teoria in un simile contesto dove tra gli “addetti ai lavori” non si è nemmeno d’accordo sulla definizione di Architettura, e non perchè vi sia un contraddittorio ma perchè non si ha idea di cosa sia.
Per rendersene conto basta chiedere a qualsiasi architetto di darne una definizione, e ammesso che ne esca qualcosa, confrontare l’eventuale risposta con quella, sempre eventuale, di un’altro architetto.
La cultura occidentale domina incontrastata il mondo: dal mondo delle “idee” platoniche siamo arrivati al mondo dei “quanti”, impercettibili le prime quanto i secondi, ma entrambi strumenti di potere al servizio della ricerca della verità. Ma mentre le verità eteree delle parole (anche quando supportate da potentissimi microscopi e telescopi ) svaniscono, quelle della materia rimangono a dire cosa dove si possa o non si possa stare, dove poter passare e soprattutto a riflettere la stessa natura umana che nella sua spontaneità tende a modificare l’ambiente a sua immagine e somiglianza, spesso inconscia del fatto che a dettare le leggi di tale modifica è l’ambiente stesso.