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progetto e categorie filosofiche

By gianniSenza categoria30 ottobre 201821 novembre 2018 No comments yet

Un approccio progettuale fondato su categorie filosofiche sembra al momento impossibile da richiedere alla disciplina architettonica, se non altro perché in cinque anni di pressoché quotidiana frequentazione all’interno della facoltà di scienze umane non ho mai incontrato uno, che sia un Architetto che, al mio pari, volesse farsi chiarezza su aspetti generali dell’esistenza umana e degli oggetti che per buona parte la sostanziano. Naturalmente non è detto che le strade per chiarire questi aspetti necessariamente passino attraverso gli studi filosofici, nonostante verrà sostenuto proprio questo. Al momento, data la situazione culturale, ci sono poche possibilità di fare rientrare tematiche complesse, come quelle filosofiche, all’interno dei processi di modifica dell’ambiente fisico, dato il carattere puramente parametrico-prestazionali di tali modifiche.
La figura dell’Architetto, o meglio la disciplina architettonica, è stata presa ad esempio perché rappresenta il livello più alto tra le discipline che si pongono il problema della forma dello spazio, ma non è l’unica e purtroppo nemmeno la più determinante. Ad essa vanno affiancate altre discipline che concorrono a determinare gli interventi antropici. Si può anzi affermare con certezza che la maggior parte di questi non prevedono minimamente una consulenza architettonica degna di tale nome. Nella maggior parte dei casi infatti il carattere formale delle antropizzazioni è già contenuto nel “programma” preliminare di costruzione di ordine prettamente prestazionale, che in primis deve rispettare: il diritto di proprietà del suolo, l’assetto normativo territoriale, un rigido budget economico, ecc.. Solo al termine di questo elenco, si incontrano la “forma” e la “materia”.
L’aspetto determinate, però, è dato dal fatto che sono queste ultime a rimanere, a costituire il valore semantico dell’ambiente e, in ultima analisi, di buona parte di quel “mondo” tanto caro ai filosofi. Gli attuali aspetti programmatici della modifica del territorio identificabili come “programma di costruzione”, vedono i criteri parametrico-istituzionali incidere molto a livello formale. Lo condizionano a tal punto che alcune antropizzazioni hanno come obbiettivo prevalentemente non tanto l’esito formale, quanto il maggior tornaconto imprenditoriale, facendo si che in alcuni casi esse prendano il nome di “mostri edilizi”.
Se quanto appena affermato viene messo in relazione a quello che potrebbe essere inteso come istinto di antropizzazione umano si noterà che gli effetti sul territorio possono essere non particolarmente favorevoli, visto che il carattere universale dell’ambiente viene ad essere determinato da interessi particolari.
Dal punto di vista sociale ritengo sia arrivato il momento di togliere dalle grinfie della “finanziarizzazione indiscriminata dell’economia” la programmazione dello sviluppo fisico del territorio e, ancora peggio, la conseguente messa in atto della stessa. Questo perché il territorio, che costituisce una notevole parte del mondo, viene ad essere inteso come un mercato rionale nel quale collocare il proprio banco per la vendita delle merci siano esse appartamenti, centri commerciali, centri culturali, strutture per il terziario ecc.. Tutto questo all’interno di un tessuto connettivo che deve meglio servire i “banchetti” (in tutti i sensi). Ritengo che le questioni sociali, qui solo accennate, siano tra le motivazioni più importanti che hanno generato il seguente lavoro tanto da indurmi a pensare al motivo per cui non esistesse già una disciplina che si occupasse delle antropizzazioni sotto il profilo comunicativo, con la finalità di identificare una sorta di “qualità minima” ambientale sotto la quale non scendere. A mio avviso l’attuale situazione porta a vedere l’intervento sul territorio come un fatto prevalentemente “monetario” più che “economico” (nel senso più nobile del termine). Per contro un’analisi del valore comunicativo delle antropizzazioni prioritariamente filosofica, meglio di altri approcci, può garantire una sorta di sintesi del senso ultimo dell’agire umano sulla modifica fisica dell’ambiente, sia dal punto di vista funzionale che formale. Questo perché la filosofia non ritiene che possano essere le sole conoscenze particolari a generare eventi di carattere generale.
A questo punto si rende necessaria una precisazione. Quanto detto fino ad ora ha un dominio strettamente legato alle mie personali conoscenze, quindi circoscrivibile a ciò che può essere inteso come “occidente”. Nonostante ciò ritengo che uno studio quale quello sopra descritto possa approdare ai caratteri delle antropizzazioni comuni a tutte le culture, in virtù del fatto che le antropizzazioni fanno parte di una facoltà umana legata a quello che potrebbe essere definito “istinto antropizzante”, del quale si parlerà meglio in seguito.

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